Il cero pasquale è simbolo di Gesù, il Cristo, che è la luce del mondo. E lì dov’è questa luce noi conosciamo la giusta direzione che ci porta verso a diventare pienamente noi stessi in Dio.
Il simbolo del fuoco trova la massima celebrazione nella veglia pasquale e non tanto per l’accensione e la benedizione del nuovo fuoco, rito che non pare originario, quanto piuttosto per l’accensione del cero, simbolo di Cristo, vera parola di fuoco fatta carne (Ger 23,29). È significativo che nel rito della dedicazione di una chiesa venga acceso un fuoco sull’altare dove, attraverso l’invocazione dello Spirito Santo, il Verbo si fa ancora carne sotto i segni del pane e del vino. Nella notte pasquale quindi l’accensione del cero non è affatto funzionale, ma simbolica, e da questa dipende l’uso cultuale di tutti gli altri fuochi o ceri, a cominciare da quelli dei fedeli nella stessa notte. Infatti in un primo tempo i cristiani furono alquanto diffidenti nell’uso cultuale di lampade e di ceri in quanto tali lumi venivano usati come strumenti di devozione verso gli dèi e gli imperatori. Lattanzio (+334) sottolinea la diversità dei cristiani dai pagani in quanto questi ultimi accendono lumi in onore dei loro dèi come se essi fossero nelle tenebre; se questi dèi hanno bisogno di lumi terrestri è perché non sono divini (Ist. Divine VI,2). Per lo stesso motivo il Concilio di Elvira (303) proibisce ai cristiani di accendere lumi nei cimiteri in quanto i pagani facevano questo per scacciare i demoni. Soltanto affievolitesi il pericolo di ambiguità, i cristiani incominciarono a fare largo uso di lampade e ceri, non certo come omaggio alla divinità, ma come espressione di fede in Cristo, vera luce che illumina ogni uomo. Per questo Eusebio riporta che nella notte di Pasqua la chiesa era illuminata come di giorno (Vita di Costantino IV,22). A Vigilanzio che rimproverava ai cristiani di sprecare ceri durante il giorno, S. Girolamo risponde che essi vengono accesi durante la lettura del Vangelo non per rischiarare, ma in segno di grande gioia (Contro Vigilanzio, PL 23, 345). E sintomatico che uno dei primi usi cultuali di ceri, oltre a quelli dell’altare, sia riservato, come oggi ancora nella Messa solenne, alla proclamazione del Vangelo, cioè quando Cristo stesso annuncia al suo popolo il messaggio di Dio affinché il mondo sia illuminato dalla verità e incendiato dalla carità.