“Eccomi, eccoci, siamo tuoi” è una delle tre canzoni scelte dal CIM come inno per il pellegrinaggio internazionale dei ministranti a Roma. Essa richiama lo slogan che guida l’appuntamento dei ministranti delle varie diocesi europee: “Eccomi, manda me” (Is 6,8).
Ecco il testo della canzone:
Eccomi, eccoci, siamo tuoi
(d. Mimmo Iervolino)
Mi passasti accanto
lungo la riva di quel lago spento:
la vita mia senza sorprese,
neanche la voglia di morire, di capire.
Mi strappasti a pensieri cattivi,
al vivere insano e senza mete,
ma ora che ho trovato il senso della vita,
perché ho creduto al tuo amore…
Eccomi! Manda me…
Ecco mi manda, manda me.
per quell’annuncio: assurda novità,
rivoluzione senza precedenti.
La vita mia cambiò in vita nuova.
E c’è ancora la voglia di morire ma per Te.
Mi chiamasti perché fossi tuo
e in Te scoprire l’altra gente.
Ed ora che ho trovato Te in ogni fratello
perché ho creduto al tuo amore…
Eccomi! Manda me…
Ecco mi manda, manda me
a dire ad ogni uomo sotto al cielo,
che c’è un Dio che ci ama e ci sostiene
nel duro del cammino tra le nuvole.
Pellegrino diventai verso l’Eternità.
Fin dall’inizio non son stato solo
insieme ad altri, passi svelti:
gente assetata, assetata come me,
che davvero ha creduto all’amore…
Eccoci! Manda noi…
Ecco ci manda, manda noi
a far capire a tanti, anche se stanchi,
che la vita è un dono da scoprire:
un Dio che muore per far vivere;
dall’alto di una Croce: Resurrezione.
.E con Maria Madre dell’Amore,
nell’imitarla un’altra via,
che porta al centro, al centro della Vita
chi ha creduto all’Amore…
Eccoci! Siamo tuoi…
Ecco ci siamo, siamo tuoi.
Questa canzone ci ricorda anche san Tarcisio, il patrono dei ministranti. Un ragazzo, un giovane che –in tempi non facili per i cristiani e per la società del suo tempo – aveva incontrato Dio decidendo di essere pronto a mettere in gioco la sua vita per Lui. E un giorno, quando il sacerdote della comunità cristiana chiede se vi fosse qualcuno disponibile a portare la comunione ai cristiani in carcere per le persecuzioni, Tarcisio si fa avanti con coraggio. Il passo svelto di Tarcisio verso la meta, la sua forza nel difendere quel tesoro che custodiva, sono anche il passo svelto e la forza di tanti ministranti e tanti cristiani che hanno creduto all’Amore di Dio per ciascuno di loro e si sono messi a servirlo nel ritmo del dono per far sì che questo mondo, alle volte grigio, possa essere colorato dei colori del Cielo. Così anche la loro vita è stata una vita vera, spesa bene, una vita realizzata. Realizzata secondo quella missione che il Signore ha scritto dentro ciascuno di noi e che siamo chiamati a scoprire, passo dopo passo. Proprio come ci ha ricordato Papa Francesco: “La missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non è un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere sé stessi come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare. Lì si rivela l’infermiera nell’animo, il maestro nell’animo, il politico nell’animo, quelli che hanno deciso nel profondo di essere con gli altri e per gli altri” (Evangelii Gaudium, n.273).
La figura di san Tarcisio è particolarmente legata alle catacombe di San Callisto dove, nel parco, si trova una grande statua che lo raffigura.