
Fondamento delle più diverse attività dei ministranti è in primo luogo, specialmente per quel che riguarda la Messa, la partecipazione all’offerta del sacrificio di Cristo. «Nella celebrazione della Messa i fedeli formano la gente santa, il popolo che Dio si è acquistato e il sacerdozio regale, per rendere grazie a Dio, offrire la vittima immacolata non soltanto per le mani del sacerdote ma anche insieme con lui, e imparare a offrire se stessi» (Introd. al Messale, n. 62). Da questa partecipazione derivano ministeri come i seguenti: partecipazione alla preghiera e al canto comunitario dei fedeli, ascolto attento della parola di Dio, partecipazione alla mensa del Signore, assumere determinati atteggiamenti, eseguire determinati gesti (cf. Ivi, n. 62). Così diventa più chiaro che i ministranti, per quanto svolgano il loro servizio nel presbiterio, stanno anche dalla parte della comunità che sacrifica, prega e canta. Quanto poi essi svolgono di speciale nel presbiterio non è che il prolungamento del ministero sacerdotale, che tutti i fedeli esercitano nel culto.
Dalla vocazione sacerdotale di tutti i fedeli e dalla struttura di ogni celebrazione liturgica (proclamazione della parola di Dio, canto e preghiera, segni e azioni sante) derivano, come abbiamo accennato sopra, diversi servizi e compiti. Affidare questi ultimi a un solo individuo o a pochi individui non sarebbe cosa rispondente alla natura del popolo di Dio e del culto. Giusta è invece una corretta suddivisione del ministero sacerdotale. Il servizio particolare attorno all’altare comporta perciò, come abbiamo già menzionato, un lettore, un cantore e almeno un ministrante.
Costoro sono i protagonisti ordinari di ogni celebrazione della Messa. Nell’eseguire il proprio ufficio ognuno di essi si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza (cf. SC 28). Un ministrante non è perciò un lettore, e un lettore non è un ministrante. Tuttavia «in caso di necessità» uno può assumersi il servizio dell’altro. Qualora ci siano a disposizione più ministranti, bisogna suddividere i diversi compiti del loro ufficio tra di essi (cf. Introd. al Messale, n. 71). Quel che normalmente può svolgere un unico inserviente dell’altare va allora svolto da più ministranti. Inoltre, l’impiego di più ministranti contribuirebbe a rendere più solenne il culto e a concretizzare il sacerdozio universale.
I VARI COMPITI DEI MINISTRANTI
Ministranti come portatori della croce.
Fin dall’antichità è invalsa l’abitudine di portare nelle processioni una croce collocata sopra un’asta (cf. le varie processioni ecc.). Anche il papa e i vescovi, quando entravano nella casa di Dio, erano preceduti da un crocifero. Da quest’ultima usanza si sviluppò addirittura la prescrizione della Chiesa che sull’altare o nelle sue vicinanze dovesse esserci una croce. Da allora non esiste più casa di Dio, nel cui presbiterio non sia visibile una croce: sull’altare, pendente dall’alto o attaccata alla parete. Il nuovo Messale ha ampliato la prassi originaria. In ogni celebrazione eucaristica – nei giorni feriali o nelle domeniche – il sacerdote può farsi precedere, quando entra in chiesa, dalla croce, che poi viene collocata nel presbiterio accanto all’altare o in altro luogo adatto per tutta la durata della Messa (cf. Introd. al Messale, nn. 82 e 84). Potremmo dire che il crocifero fa parte di ogni celebrazione eucaristica. Tale compito tocca a uno dei ministranti, accompagnato da due ceroferari. Una simile processione d’ingresso illustra l’evento della Messa: il Signore stesso entra in mezzo alla sua comunità; con lui i fedeli passano dalla morte alla vita. In alcuni casi, come nella processione dei funerali, il crocifero è addirittura indispensabile.
Ministranti come ceroferari.
Un’importanza simile a quella del crocifero hanno anche i ministranti che nelle processioni solenni portano candelieri con candele accese. Questa antica usanza sta addirittura alla base della prassi di collocare i candelieri sull’altare o accanto ad esso. Una volta era compito dei ministranti porre i candelieri, alla fine della processione di ingresso, sull’altare o accanto ad esso e di riportarli via dopo la benedizione finale. Il nuovo Messale riconosce di nuovo una maggior importanza ai ceroferari. Il loro primo compito: in ogni celebrazione della Messa (e non solo di domenica e nelle solennità) possono portare i candelieri nella processione di ingresso e collocarli accanto all’altare, accanto alla croce o sulla credenza (cf. Introd. al Messale, n. 84). Il secondo compito: i ceroferari accompagnano il sacerdote o il diacono all’ambone e stanno alla destra e alla sinistra dell’ambone mentre viene proclamato il Vangelo (cf. Ivi, n. 94). Questo servizio dei ministranti è possibile in ogni celebrazione della Messa. Infine, un terzo campo: i ceroferari accompagnano colui che porta la croce in tutte le processioni, soprattutto nelle processioni eucaristiche.
Ministranti come portatori del turibolo.
Un servizio tipico dei ministranti svolgono anche coloro che portano il turibolo e la navicella. Il loro impiego non è limitato alle solennità o ad occasioni particolari. Nel Messale leggiamo al riguardo: «L’uso dell’incenso in qualsiasi forma di Messa è facoltativo. Si può usare l’incenso: durante la processione d’ingresso; all’inizio della Messa, per incensare l’altare; alla processione e alla proclamazione del Vangelo; all’offertorio, per incensare le offerte, l’altare, il sacerdote e il popolo; alla presentazione al popolo dell’ostia e del calice dopo la consacrazione» (cf. Introd. al Messale, n. 235). Oltre che nella Messa, la Chiesa conosce l’uso dell’incenso anche in altre occasioni: per l’esposizione del Santissimo e nelle processioni eucaristiche (cf. Rito della comunione fuori della messa e culto eucaristico, nn. 93, 110 e 114), nella sepoltura (cf. n. 36 dell’Introduzione pastorale al rito dell’esequie), nelle benedizioni (cf. n. 26 dell’Introduzione pastorale al «De Benedictionibus») e nella recita delle lodi e del vespro (cf. n. 261 dell’Introd. generale alla Liturgia delle Ore). Come documentano questi esempi, i turiferari possono contribuire a rendere solenni le funzioni e quindi anche ad animare il servizio dei ministranti. L’impiego più frequente dell’incenso corrisponde addirittura a un bisogno profondo del nostro tempo divenuto così povero di segni.
Ministranti per il servizio del libro.
Nel corso della celebrazione eucaristica il sacerdote svolge la sua funzione in luoghi diversi: alla sede, all’ambone, all’altare. Inoltre, per assolvere i suoi compiti, ha bisogno di diversi libri liturgici: il messale, il lezionario (evangeliario), a volte anche un libro contenente le preghiere dei fedeli e un libro di canto. Il passaggio dalla sede all’ambone e all’altare, nonché la molteplicità dei libri consigliano di impiegare dei ministranti per il servizio del libro. All’inizio della celebrazione un ministrante porta il messale alla sede e lo sostiene, quando il sacerdote presiede i riti di introduzione e recita la colletta. Poi, quando comincia l’offertorio, lo porta sull’altare, e per l’orazione dopo la comunione lo riporta alla sede. Affinché il sacerdote possa cominciare e chiudere la preghiera dei fedeli, un ministrante porta il libro relativo alla sede o all’ambone. Se il sacerdote comincia e conclude tale preghiera alla sede, il ministrante gli sostiene il libro a una distanza utile per leggere. Compito del diacono sarebbe quello di portare l’Evangeliario nella processione di ingresso e di deporlo sull’altare; ma in sua assenza un lettore o un ministrante può compiere questo ufficio (cf. Introd. al Messale, n. 82).Questo gesto mette in luce il valore altissimo dei libri liturgici e del «servizio del libro» svolto dai ministranti. Essi collaborano a loro modo, quando Cristo si rivela ai suoi fedeli nella predicazione e quando il sacerdote si rivolge pregando al Padre.
Ministranti come aiutanti nella presentazione dei doni.
Da non dimenticare è la funzione dei ministranti all’offertorio della Messa. Il messale menziona le seguenti azioni: dopo la preghiera dei fedeli, essi portano all’altare il corporale, il purificatoio, il calice e il messale (cf. Introd., n. 100). Non menzionati in questo contesto sono i doni del pane e del vino. Portarli è in primo luogo compito degli stessi fedeli (cf. Ivi, n. 49). «Sarà bene», così leggiamo (Ivi, n. 101), «che la partecipazione dei fedeli si manifesti con l’offerta sia del pane e del vino per la celebrazione dell’Eucaristia, sia di altri doni». Da questa raccomandazione si deduce anche la collocazione iniziale dei doni del pane e del vino; possibilmente essi non stanno sulla credenza, ma su un tavolino posto nella navata della chiesa. I ministranti debbono comunque svolgere un loro compito in questa parte della celebrazione. Il sacerdote riceve il pane e il vino con la loro collaborazione (cf. Ivi, n. 101). Un altro servizio, prestato dai ministrati durante il rito di presentazione dei doni, è la preparazione dell’acqua e del purificatoio per l’abluzione delle mani del sacerdote. Dopo la comunione, i ministranti riportano di nuovo via quel che non viene più usato; riportano cioè alla credenza i vasi purificati dal sacerdote (cf. Ivi, n. 120).
In quale ordine preparare l’altare e cosa portare?
1. Portare sull’altare calice, corporale, purificatoio, palla.
2. Portare, in ordine: Ampolline, Patena
3. Aiutare il celebrante per la preparazione delle forte porgendo prima la patena; ampollina del vino, poi ampollina dell’acqua; infine prepararsi al Lavabo.
I ministranti suonano il campanello.
L’uso del campanello nel culto va visto in stretto rapporto con la funzione delle campane. Ambedue cercano di richiamare l’attenzione dei fedeli sul santo evento. Le campane chiamano al culto pubblico e invitano alla preghiera privata (per es. l’«Angelus»); inoltre, se suonate a festa, aiutano a creare un’atmosfera di gioia. Un compito simile hanno assunto anche i piccoli campanelli degli altari, che fanno la loro comparsa tra la fine del secolo XII e l’inizio del XIII. Allora invalse l’uso di elevare le sacre specie dopo la consacrazione del pane e del vino e di mostrarle ai fedeli. I ministranti richiamavano con uno squillo di campanello l’attenzione dei fedeli su questo momento. Sempre in quel periodo si aggiunsero altri squilli, che echeggiavano in tutti i momenti importanti della celebrazione della Messa. Poi, una volta che l’Eucaristia diventò più trasparente (con l’uso della lingua volgare ecc.), venne progressivamente a mancare anche la motivazione intrinseca per l’uso del campanello. I fedeli possono partecipare in maniera più consapevole alla celebrazione e seguirne il decorso senza particolari segni di richiamo. In molte chiese comunque è rimasto, anche secondo il nuovo messale, l’uso di suonare il campanello alla consacrazione del pane e del vino. Nell’Introduzione generale leggiamo: «Poco prima della consacrazione, il ministro avverte, se ne è il caso, i fedeli con un segno di campanello. Così pure suona il campanello alla presentazione al popolo dell’ostia consacrata e del calice secondo le consuetudini locali» (n. 109). I ministranti suonano anche quando si impartisce la benedizione eucaristica o quando una processione eucaristica passa per le strade.
I ministranti come trasmettitori del segno di pace.
I ministranti svolgono un servizio importante, quando il sacerdote annuncia la pace e poi invita a scambiarsi il segno della pace. Nel messale leggiamo al riguardo: «Se si ritiene opportuno, il diacono o il sacerdote aggiunge… E tutti si scambiano vicendevolmente un segno di pace secondo gli usi locali. Il sacerdote dà la pace al diacono o al ministro» (accolito). Di una trasmissione ai fedeli nessuna parola. Essi possono scambiarsi anche direttamente il segno di pace. Ma per rendere più trasparente il simbolismo sarebbe opportuno trasmettere visibilmente e sensibilmente il segno di pace: i ministranti, ricevutolo dal sacerdote, abbandonano il presbiterio e lo portano ai fedeli, limitandosi a trasmetterlo al primo di ogni banco. Ciò manifesta meglio che la pace è un dono di Dio e che parte dall’altare. Inoltre, la Messa non ne scapiterebbe, se vi aggiungessimo segni e gesti adeguati al tempo e alla sensibilità degli uomini.
I ministranti rappresentano la comunità.Normalmente il sacerdote celebra l’Eucaristia con un certo numero di fedeli, specie la domenica e nei giorni festivi. Ad essa prendono parte persone che non svolgono alcuna funzione. Ma può anche succedere che il sacerdote debba celebrarla senza la comunità dei fedeli. In un caso del genere deve esser presente per lo meno un ministrante; «non si celebri la Messa senza la partecipazione di almeno qualche fedele o di un ministro, se non per un motivo giusto e ragionevole» (Introd. al Messale, n. 211). Nei limiti del possibile, il ministrante legge anche la prima lettura e il salmo, eventualmente anche la seconda lettura con il versetto alleluiatico o un altro canto corrispondente (cf. Ivi, n. 217). All’offertorio porta sull’altare il corporale, il purificatoio, il calice e i doni, quindi aiuta al lavabo (cf. Ivi, nn. 221 e 222). Successivamente può riportare alla credenza il calice purificato dal sacerdote (cf. Ivi, n. 229). Vale quindi il principio: se è disponibile solo un collaboratore per questi servizi particolari, il ministrante si assume compiti che altrimenti sono svolti dal lettore, dal cantore o dall’assemblea.
I ministranti aiutano in ogni celebrazione.
Oltre alle azioni che si compiono quasi in ogni Messa, i ministranti ne eseguono altre in celebrazioni e occasioni particolari. Nel battesimo dei bambini essi sostengono i vasetti del crisma e dell’olio dei catecumeni, nella celebrazione del matrimonio il vassoio con gli anelli degli sposi, nell’unzione degli infermi il vasetto con l’olio degli infermi, nella benedizione di persone, edifici e oggetti il secchiello con l’acqua benedetta… Prima della benedizione eucaristica o del trasporto del Santissimo porgono al sacerdote il velo, nelle processioni portano bandiere, nelle celebrazioni all’aria aperta, ove si impiegano impianti di amplificazione trasportabili, sorreggono il microfono… Servizi di questo genere ve ne sono molti; essi manifestano la multiforme e indispensabile funzione dei ministranti.